forse

sabato 22 luglio 2017

La festa

Penso di pubblicare dei brani tratti da un mio romanzo di cui ancora non ho deciso il destino, forse quello migliore potrebbe essere di regalarlo a chi mi legge.
Non lo posterò integralmente, quindi risponderò a qualche domanda dal terzo pezzo in poi.

La festa era di quelle a tema e per totale mancanza di fantasia l'avevano chiamata “il bianco e nero”.
Gli invitati più eleganti s'erano rifugiati nel nero, ma qualche temerario aveva adottato un total white tipo panificatore da far rabbrividire anche Nadia e Melita.
Un tale Flavio, amico di Melita, alto e panciuto era invece vestito con pantaloni di tuta blu, maglioncino verde acqua, infeltrito, ma originale anni '80, infatti gli stava piccolo come il giubbotto scamosciato beige con le maniche a tre quarti e le cuciture in procinto di esplodere.
Insomma aveva cercato di vestirsi come quando era un bel giovane, eccetto per i pantaloni che non gli entravano più nemmeno lasciandoli slacciati.
Con questo terribile look egli intendeva esprimere la propria intenzione di trasgredire alle regole semplicemente in quanto tali.
Non particolarmente intelligente quanto astuto, senza aver elaborato un vero ragionamento Flavio faceva l'opposto di ciò che era opportuno ché spesso non ne sarebbe stato proprio in grado.
In gioventù aveva fatto la figura dello scemo in diverse occasioni e per lenirsi le ferite nell'orgoglio, aveva adottato questo tipo di espediente per giocare le proprie figuracce in suo favore dicendo: “lo faccio apposta”.
Quando si trovava coinvolto in conversazioni circa gli studi o la cultura diceva: “So tutto quello che mi serve di sapere, io non mi riempio la testa di cretinate inutili.”
Certo non frequentava degli intellettuali, ma nessuno lo ricordava per qualche conversazione, quanto per il suo apparire sempre un po' ubriaco... e quasi sempre lo era per davvero.
Sprofondato nella propria ignoranza il mondo intero lo terrorizzava al punto da fargli sentire la necessità di farsi coraggio con dell'alcool anche solo per andare dal tabaccaio.
Per una soddisfacente vita sociale usava un po' di “neve”, costosa per il suo budget mensile, quindi usciva solo un paio di volte al mese, trascorrendo tutte le altre serate della sua vita davanti al televisore o ingrossando le fila dei più patetici internauti solitari spiando il mondo da un account fasullo su Facebook.
Nadia osservava i “signori” presenti alla festa interrogandosi nel cuore e negli ormoni di qualche sua reazione anche blanda: ma niente, quei tizi poco più che coetanei le sembravano un branco di vecchi deficienti.
I drink preparati dall'amica con il libro dei cocktail alla mano erano ottimi, dolci, colorati e andavano giù ch'era una meraviglia.

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